21. Oltre l’ordinario – Qualche consiglio per un incipit originale

Hai mai pensato a quanto il nostro modo di vivere, le nostre necessità quotidiane influenzino il nostro linguaggio? A partire dalla famosa (e più o meno smentita) moltitudine di parole eschimesi per dire “neve”, fino ad arrivare a parole di uso quotidiano che descrivono aspetti unici della vita di chi parla quella lingua specifica, o almeno la lingua che si è presa la briga di descrivere con un sostantivo un determinato fenomeno. 

Per esempio, hai mai sentito la parola “Tsundoku? No, vero? Eppure chi di noi non ha una pila di libri comprati e non ancora letti ammassati ai piedi al letto. Tsudnoku è la parola giapponese che definisce quella perifrasi: libro comprato e non ancora letto. E il groviglio di cavi avvoltolati insieme dietro la scrivania? “Kabelsalat“, per un tedesco (Ella Frances Sanders, Lost in translation). 

O ancora ­– e ci stiamo avvicinando al succo della questione – come chiameresti la luce del sole che filtra attraverso le foglie degli alberi? Ancora una volta ci viene in soccorso il Giappone, che la sfanga con un termine bello comodo: “Komorebi“.

Ora, perché in Italia ancora nessuno ha pensato a un unico lemma per indicare la luce che filtra dalle persiane all’alba?
Se esistesse, se qualcuno si fosse dato pena di inventarselo e, per usarlo, chi scrive dovesse pagargli un tributo, be’, sarebbe uno degli uomini più ricchi del mondo. 
Chi lo userebbe, ti chiedi? Semplice: la maggior parte degli autori in erba, negli incipit dei romanzi che mandano alle case editrici. 

Io ci lavoro con le case editrici. 
Due testi su tre di quelli che arrivano in redazione iniziano con il protagonista che si sveglia, la mattina. O è la sveglia, a svegliarlo, oppure è la luce che filtra dalle persiane, tende, tapparelle; qualsiasi cosa che sia in grado di filtrare i raggi del sole.

Un consiglio. Se anche il tuo romanzo inizia così, il primo capitolo levalo. Via, sciò. Al lettore non interessa da che cosa filtri la luce che ogni mattina sveglia, accecandolo, il  protagonista. Chi vuole leggere di qualcuno che si lava i denti, si guarda allo specchio o fa colazione? È roba già sentita, non riuscirai mai così a catturare davvero l’attenzione. Il lettore vuole movimento, azione. Oltre l’ordinario, capisci?

Leggi anche: “08. Inizio al fulmicotone: l’incipit”.

Allora, come creare incipit coinvolgenti e originali? La chiave può essere iniziare dove la storia acquista interesse, o anche solo con un pensiero insolito e intrigante.
Spezza il cliché dell’incipit tradizionale. Piuttosto che cominciare con la solita solfa della routine mattutina, prendi il tuo lettore e gettalo in una situazione inaspettata, oppure piazzalo davanti a un pensiero fuori dagli schemi, una riflessione che ponga le basi per il tema principale della storia. Crea curiosità attraverso enigmi o situazioni stuzzicanti; i lettori vorranno sapere come continua la storia.

Rompi le convenzioni, sfrutta la diversità delle lingue e dei concetti e inizia la tua storia in modo unico. Solo così potrai garantire che il tuo lettore sia da subito enganchado
Visto? Un altro di quei bellissimi termini. 

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