Serve davvero partecipare ai concorsi letterari? Ecco qualche dritta

È una domanda che mi viene posta di frequente dagli autori con cui collaboro. Oltre a quelle più specifiche, tipo: “Ho sentito che i concorsi a pagamento sono tutti degli imbrogli e quelli gratuiti non servono a nulla. È vero?”
Per rispondere è necessario fare un po’ di chiarezza. Partiamo da questa domanda: 

Cosa mi aspetto (come autore) da un concorso letterario?

Il concorso letterario può interessare l’autore sotto diversi aspetti. Può servirgli per farsi conoscere dagli addetti ai lavori, per mettersi in gioco ed essere giudicato da una giuria (ci si auspica) competente, per avere una risposta (quando non un vero e proprio giudizio) sul proprio lavoro, per guadagnare il premio in denaro in palio, o ancora per aggiungere una targhetta, una tacca che arricchisca lil suo curriculum quando lo presenterà insieme al suo manoscritto. 

A cosa serve un concorso letterario a chi lo organizza? 

A trovare nuovi talenti letterari, e (a volte) a raggranellare qualche soldo. 

Un’opportuna distinzione. 

Comprendendo l’obiettivo che si pone chi li organizza, si può iniziare a capire come distinguere quelli validi nello sterminato sbocciare di concorsi letterari.
Va detto che, come in ogni ambito della vita, anche in questo esistono buoni e cattivi, ciarlatani e professionisti e infinite sfumature. Non si scappa, ciarlatani e mezzo truffatori se ne trovano a iosa. Si trova anche chi in buona fede propone concorsi la cui partecipazione da parte di un autore è completamente inutile, perché chi lo indice non ha contatti, non fa nemmeno parte dell’ambito letterario, talvolta. C’è anche chi, oltre alle ultime caratteristiche di inutilità, aggiunge il carico economico di una quota di iscrizione, spesso ingiustificato. Esistono inoltre concorsi che servono alle piccole case editrici (che non ricevono abbastanza manoscritti perché appunto piccole o non conosciute) di avere una possibilità di scelta in più e nel contempo di accrescere il loro prestigio. Questi elencati finora sono i concorsi da guardare con diffidenza. A quali partecipare? Ne parliamo dopo. 

Ora, visto che partecipare a un concorso equivale per l’autore a stipulare un accordo di fiducia con chi lo organizza, come capire di chi fidarsi?

Come scegliere il concorso letterario.

Per distinguere il concorso utile da quello inutile, se non dannoso, è necessario basarsi su alcuni punti chiave. Il bando è il primo. Nel bando di iscrizione si capisce (o si dovrebbe capire) chi lo organizza, quanto costa, come vengono giudicati gli elaborati, da chi è composta la giuria, la data ultima di consegna del manoscritto e i premi in palio. 
Queste sole informazioni potrebbero bastare a spostare la vostra lancetta dal + al – o viceversa. 

Internet è ancora una risorsa sconfinata per ricavare informazioni. Provate a cercare i vincitori delle ultime edizioni del concorso che vi interessa. Se qualcuno di questi ha pubblicato con grandi case editrici, c’è il rischio che il concorso sia davvero valido, anche se, ahimè, potrebbe richiedere una quota di iscrizione. 
Premi nazionali importanti e di conclamate autorevolezza e onestà richiedono quote, anche piuttosto alte. Ma magari c’è un comitato di lettura che si occupa, oltre che appunto di leggerle, di valutare le opere ricevute, e di fornire una risposta professionale a ogni partecipante. Questo richiede dei costi. 

Chi dice che i concorsi non servono dice una verità molto parziale: a lui/lei magari non servono, ad altri autori che adesso pubblicano per grandi case editrici sono serviti eccome. 

I concorsi servono eccome. 

Inutile specificare “quelli seri”, abbiamo capito come distinguerli. Parte dell’attività di scouting da parte di agenti letterari, scout e editori, si basa sui concorsi letterari. Provate a contattare un finalista del Premio Calvino il giorno dopo che sono stati proclamati e pubblicati i nomi dei finalisti sul sito e capirete di cosa parlo: saranno già stati contattati da qualcun altro, prima. Scout, editore o agente che sia. 
Questo perché la giuria di un concorso di qualità fa già una prima e poderosa cernita tra i manoscritti arrivati e, per chi deve trovare talenti da pubblicare, è tutto lavoro in meno e (quasi) garanzia di qualità del testo. 

Il concorso Urania, dedicato al romanzo fantascientifico, o il premio Tedeschi, per quanto riguarda il giallo, sono concorsi da cui gli editor di Mondadori attingono a piene mani per la ricerca di nuovi talenti. E un talento può non essere solo il primo classificato.
Lo stesso discorso vale per i concorsi dedicati al racconto, visti sempre con attenzione dagli scout delle case editrici. 

In conclusione, serve o non serve partecipare ai concorsi?

Certamente sì, purché siano seri (vedi sopra). Avere l’apertura mentale di mettersi in gioco, di accettare piccole sconfitte in base alle quali individuare e procedere per la strada giusta è un’ottima qualità per chi voglia intraprendere seriamente il mestiere di scrivere. Anche quando bisogna spendere qualcosa per iscriversi? L’ho scritto prima, adesso avete i mezzi per valutarli da soli, di volta in volta. Se ne vale la pena e ne avete la possibilità, buttatevi! Fa parte di quell’investimento che state facendo su di voi e sulla vostra carriera di scrittori.

Le testimonianze

Concludo con due testimonianze significative, perché illuminano aspetti della questione che non ho menzionato.

P., giurato di un concorso letterario – che desidera rimanere anonimo:
Sono membro di un premio da dieci anni. Premio farlocco e inutile, imbarazzante vessillo di un mondo parallelo di sconosciuti famosi solo fra loro (quasi la Spectre dei deboli). In tal senso, inquietante. Ma la gente piange, si commuove, come direbbe Montale “anche noi poveri abbiamo la nostra parte di ricchezza, ed è l’odore dei limoni”.
Ci sono vedove, orfani, gente sola, che per cinque minuti si sente amata.
Solo per questo non ho abbandonato subito il perverso gioco della Giuria (a pagamento!).

Patrizia Scialoni, autrice e assidua frequentatrice di concorsi letterari:
Raggiungere la finale o il podio è fonte di grande soddisfazione, in primo luogo perché conferma il fatto che sto lavorando nella direzione giusta, che quello che scrivo (sia una storia d’amore o d’orrore) arriva.
Con i concorsi e il livello di gradimento che ottengo, misuro in sostanza la mia capacità di emozionare e arrivare al lettore: trovo che siano una palestra eccezionale e la consiglio a tutti.
La soddisfazione personale per aver portato a termine un buon lavoro fa sempre molto piacere, diciamolo.
Per i concorsi maggiori sto affilando le unghie… Vincere i concorsi, anche se nell’immediato non aumenta le vendite dei miei libri, aiuta a creare interesse nei miei confronti e questa è sempre una buona cosa essendo una perfetta sconosciuta.


Image freepik

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