“È stato così” di Natalia Ginzburg: Ritratto spietato della solitudine

Un racconto intenso e crudo. Che ferisce. L’assassina, così in quarta di copertina viene apostrofata la protagonista, racconta in prima persona la sua storia con il marito fedifrago. La disgrazia. Fino alla decisione finale.
Tranquilli, niente spoiler, lo dice alla terza riga: «Gli ho sparato in mezzo agli occhi».

È stato così, di Natalia Ginzburg, è un romanzo breve pubblicato nel 1947, in cui la protagonista racconta la propria realtà di donna intrappolata in un matrimonio infelice e segnato dall’infedeltà del marito. Schiacciata da un senso di inferiorità e solitudine, sopporta per anni la relazione extraconiugale del coniuge pur di avere qualcosa che dia un senso alla propria esistenza.
Un racconto duro, durissimo. Spietato e sincero.

Basato su una perfetta struttura circolare, il romanzo è caratterizzato da una prosa asciutta e da una narrazione feroce, pur se in un delicato incedere formale. È un parlato, quello con cui si esprime la narratrice, una lingua sapientemente involuta, ricca di polisindeti e anacoluti, come quella di qualsiasi racconto orale. Ginzburg in È stato così i personaggi non li indaga, li sfiora appena con la bacchetta magica del mestiere, e sebbene soltanto accennati, essi emergono nella mente del lettore con una nitidezza sorprendente. Con pochi segni, l’autrice riesce a tratteggiare figure che si materializzano vivide, ciascuna con le proprie peculiarità distintive – capacità di evocare presenze tangibili attraverso pochi tratti essenziali che è caratteristica distintiva della sua scrittura, e che conferisce al testo una profondità e una ricchezza che trascendono la mera descrizione superficiale.

Una disamina della disperazione e della ricerca di significato in una vita segnata dalla sofferenza e dall’abbandono. La protagonista vive in un costante stato di alienazione emotiva – la bambina, sua figlia, non la chiamerà mai per nome per mantenere da lei una distanza adeguata a impedirle di straziarsi per la sua perdita – che la conduce a una crescente disperazione indotta dal suo isolamento esistenziale; non solo fisico, ma profondamente intimo e psicologico.

La ricerca di un significato nella vita è forse il tema cardine del romanzo. Attraverso il suo racconto, la donna cerca di comprendere e giustificare le proprie azioni, offrendo al lettore una visione intima e dolorosa della sua lotta interiore. Un ritratto ferino e commovente della solitudine.

2 pensieri riguardo ““È stato così” di Natalia Ginzburg: Ritratto spietato della solitudine

  1. Da sempre adoro la Ginzburg e quel suo modo lucido e penetrante – spietato appunto – d’esplorare l’intimo proprio e altrui nelle private relazioni, famigliari e non. Ma questo ‘E’ andata così’ non ho avuto modo mai di leggerlo. Perciò son grato a questa tua essenziale nota critica (altrettanto penetrante) che m’ha messo addosso una gran voglia di leggerlo; …se non altro per meglio intendere se vi sia un legame (e quale) tra la stessa penna (o anima) che vent’anni dopo dirà come ci si possa ‘sposare per allegria’ e quella pronta a raccontare come sia che il marito lo si possa pure ammazzare (per disperazione, per noia o, magari, per caso?). [Benvenuto C.]

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    1. Ciao Benvenuto, grazie per il tuo spunto. Credo che “È andata così” sia un’opera che merita di essere letta, proprio per questa sua capacità di sondare le dinamiche più intime e complesse degli animi umani e dei rapporti familiari. La tua osservazione sul legame tra quest’opera e “Ti ho sposato per allegria” è interessante; entrambe le opere, sia pur diverse per tono e contesto, riflettono la profondità e la versatilità della penna di Ginzburg, capace di passare dalla leggerezza alla tragedia con una naturalezza singolare.

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