“Mandibula” di Mónica Ojeda | Mini recensione

Capacità tecnica narrativa di livello altissimo. Un racconto che tiene incollati, e porta con sé in un viaggio nel disagio esistenziale e spirituale. In alcune parti la narrazione scorre simultaneamente su tre piani narrativi, dando vita a un flusso esperienziale che il lettore percepisce come in un sogno, a sprazzi, a tessere che finiscono per costituire un mosaico definito e, per usare un termine da basso giornalismo, agghiacciante. Eppure.

Un viaggio nell’orrore bianco, nella paura della scoperta di sé di un gruppo di ragazzine adolescenti che osserva senza accettarlo fino in fondo il proprio cambiamento. Può considerarsi un romanzo di formazione, per certi versi, o deformazione. Di una società, di una generazione, di un’umanità.

Strepitoso.

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