Il senso dell’attesa. L’ossessione della mancanza. L’atrocità perversa della tortura. Questi alcuni dei temi della spietata raccolta di racconti “Il dolore” di Marguerite Duras, tematiche legate a un unico stato di cose, un momento sospeso, diabolico e terribilmente oscuro: la guerra. In cui la ragione è soppiantata dall’istinto di sopravvivenza e prevaricazione.
L’autrice, che attraverso i racconti rivive momenti autobiografici, non chiude gli occhi percorrendo questa strada drammatica, lastricata dalle aberrazioni e le malvagità che durante una guerra appaiono legittimate, ma anzi le misura, le ritrae con descrizioni corporee, vivide, pulsanti. Azioni che gli attori di questo immenso dramma compiono come indispensabili, pur riconoscendone (e nemmeno sempre) l’atrocità. Un punto di vista diverso da quelli a cui siamo abituati. Noi. Quelli della vita quotidiana, del caffè al bar prima dell’ufficio con i tovagliolini di carta e le piante curate.
La scrittura è nervosa, concitata, contratta. Affascinante. Pronta a scavalcare il confine della razionalità invadendo il sentiero scivoloso delle congetture, delle riflessioni, senza mai staccarsi dalla realtà per quanto crudele essa sia. Riflessioni ancorate alla realtà, fatte di immagini, di sensazioni che avvinghiano il lettore coraggioso e non lo mollano. Lo stritolano.
Coraggioso, sì, perché per leggerlo, “Il dolore”, ci vuole coraggio. La domanda prima di leggerlo potrebbe essere: “Sei disposto a farti coinvolgere fino a questo punto negli orrori di una guerra?”
Bisognerebbe sforzarsi di fare il salto.
La guerra è un periodo di oscurità, di perdita di valori e di umanità, e ne siamo spesso troppo distanti emotivamente, troppo poco ne intendiamo la gravità. Vediamo le foto, gli orrori sul campo che la guerra lascia dietro di sé. Ma poco sentiamo, pochissimo, del durante. Qui, in questo testo, questo durante lo viviamo, ci brucia sulla pelle. Con impotenza assistiamo all’oscurità umana, al rigoglio del male a cui l’uomo cerca di trovare un senso, una giustificazione.
“Del suo potere è questo che resta, la voce per mentire. Mente ancora. Ne ha ancora la forza. Non è arrivato a non mentire più. Thérèse guarda i pugni che cadono, sente il gong dei colpi, avverte per la prima volta che nel corpo dell’uomo vi sono spessori che è quasi impossibile penetrare. Strati e strati di verità profonde, difficili da raggiungere”.
In “Il Dolore” Marguerite Duras racconta il senso di amara sospensione che si respira durante la guerra: nazisti, resistenza francese, alleati; non importa da che parte stiano, il prodotto di una guerra è solo la pena. Superando la paura, lei che l’ha vissuta sulla pelle, ce la racconta. A fondo. Senza sconti. Ci trascina con sé. Non ci resta che seguirla.
Consigliatissimo.