Abbiamo parlato di voce, abbiamo capito cos’è. Adesso bisogna trovare la tua. Come? Ti suggerisco di partire togliendo. Te stesso.
Sembra un bizzarro paradosso ma quello che devi togliere dalla tua scrittura, per trovare la tua voce, sei tu. La scrittura del narratore inesperto è spesso compromessa dall’ossessiva ricerca di artifici e virtuosismi per mettersi in mostra come autore. Togli. Tutto quello che c’è in più, quello che aggiungi alla narrazione, togli. Commenti extradiegetici, aggettivi altisonanti, i maledetti avverbi di modo. Togli tutto. La scrittura più traslucida possibile. Ridotta all’osso la tua scrittura, ci sono buone probabilità che emerga il barlume tanto sperato, quello che segnala la presenza del filone d’oro. Scava e rigira finché non scorgi il barlume. Non uscirà subito, avrai bisogno tempo, di scavare. E scavare a fondo.
Leggi i grandi autori, cerca di individuarne l’anima, leggi finché non ti sanguinano gli occhi, e scrivi, smetti di scrivere solo quando la mano non riesce più a battere i tasti. È in quel momento che qualcosa può succedere. L’epifania. Quando sei stanco, quando fai attenzione a cosa scrivi ma non a come lo scrivi, è in quel momento che la fibra si spezza e se ne crea una nuova, più potente della prima.
Perché il pericolo, per te come autore, è di rimanere nel limbo in cui scrivi per piacere agli altri o a te stesso, o per impressionare, per non sbagliare, scrivi per raccontare come ti piacerebbe leggere. Ma la tua voce è un’altra, e tu neanche la conosci.
E lì non c’è che scrivere, scrivere e scrivere ancora. Non ti demoralizzare se non trovi subito la tua voce, è questione di tempo. Anni, a volte. Altre volte non si trova nemmeno. Molti autori di best seller non hanno una voce personale, ma soltanto delle buone storie. Quindi, se non la trovi subito, non disperare. Ma non smettere mai di cercarla.
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