“Il partigiano Johnny”, il linguaggio unico del romanzo e i suoi tratti distintivi

Che Il partigiano Johnny sia il capolavoro di Fenoglio è chiaro, lampante. È vero che i gusti sono gusti ma per me è un dato incontestabile. I personaggi sono vivi e reali, la narrazione asciutta e crudele, portata con uno stile narrativo eccezionale, che convoglia in sé il gusto della narrazione espositiva e un linguaggio unico. Quello di Johnny. 
Più che del romanzo, vorrei parlare qui del linguaggio che lo caratterizza, dello stile, della creatività di cui il lessico fenogliano è intriso. Creatività nella sintassi, nel lessico, nella composizione della frase e nella scelta delle parole. 
Prendiamo ad esempio: 

Ora lo ricordava, apparteneva ai secoli giorni che furono il ieri di Mombarcaro. 

A leggerla così, avulsa dal contesto narrativo, appare quasi scorretta grammaticalmente. Invece ha una forza evocativa inimmaginabile, prova di una capacità linguistica fuori dagli schemi e certamente dal comune. 

Due, tre raffiche di mitragliatrice risuonarono a valle, a giudizio acustico due versanti avanti. Il crepitio era delizioso all’origine, ma come l’aperto spazio ne sollevava l’eco alle creste, al paese, sopra e oltre, il rumore si faceva stracciante e dirompente, tigresco. Erano finalmente i fascisti.

Beppe Fenoglio

La qualità letteraria è altissima, l’autore non ha paura di forzare sulla lingua italiana per lanciarsi a raggiungere le possibilità più remote e insondate che questa lingua gli offre. Ma non è il solo tratto che rende unico lo stile narrativo di questo romanzo. C’è anche la contaminazione linguistica.
Appassionato traduttore di scrittori anglo-americani, Fenoglio costruisce quasi una lingua altra dall’italiano. Non si limita all’inserto di parole inglesi o talvolta intere frasi, la sua ‘spericolatezza’ autoriale gli fa prendere vie mai percorse. Con  la creazione di neologismi, ad esempio. Prendiamo la parola deutchless (privo di tedeschi), che non esiste; Fenoglio la inventa e la utilizza con efficacia. Il lettore non storce il naso, anche questo fa parte di un lessico, il lessico del partigiano Johnny, attraverso cui tutto è narrato. Non sembra fuori luogo, non si avverte un cambio registro. Entra nel lessico e lo rinforza, rendendo il modo di riferire ancora più particolare. Ecco, questo è solo un esempio di uno degli innumerevoli episodi di contaminazione linguistica in questo romanzo.

Esistono numerosi e approfonditi saggi che studiano in dettaglio il linguaggio utilizzato nel romanzo Il partigiano Johnny e ogni aspetto peculiare dello stesso; il mio testo si propone solo come spunto per indagare il romanzo e fornire una chiave di lettura a chi, accostandovisi per la prima volta, lo trovasse un po’ ostico. Non elencherò ogni aspetto, dirò sinteticamente che Fenoglio prende forme tipiche della lingua inglese (grammaticali, lessicali, sintattiche e di costruzione dei vocaboli) e le importa in quella italiana. Ecco alcuni esempi.

L’utilizzo di calchi lessicali, forme tipiche dell’inglese utilizzate in parole italiane, come lavoro d’artificio (da fireworks) o polluzione (inquinamento, da pollution). Dell’anteposizione dell’aggettivo al nome tipica dell’inglese (es. corto di gamba aviatore), del participio presente con funzione verbale (esperienza bastante) o dell’insieme dei due meccanismi: (arrivante carro). 
La c
reazione di parole con l’uso di participi passati come aggettivi (velocitatiacciaiata), prefissi negativi (nonridente), suffissi aggettivali che riprendono concettualmente i vari al (pianurale), ous (sognosa), o infinel’uso degli avverbi in –mente, sullo spunto inglese –ly – “Il pomeriggio e la sera precipitarono, niagaricamente”. Non disdegnando inserti del dialetto piemontese – big-craped (grandi teste, in dialetto piemontese testa si dice crapa) o potagio (da putazé, cucinare). 

L’insieme di questi invenzioni e meccanismi fenogliani, conferisce forza e unicità alla prosa, talvolta a scapito, è doveroso dirlo, della lettura e della comprensione. Lettura, peraltro, fortemente consigliata. Dopo una plausibile (anche se non necessariamente probabile) reticenza iniziale, avrete la sensazione di tuffarvi con tutto voi stessi nella mente del partigiano Johnny, di essere lui, di pensare come lui, con il suo cervello, con il suo linguaggio, in uno degli esempi di narrazione immersiva tra i più riusciti.

Sappiamo però che quest’opera è incompiuta, e alla fine ci si pone una domanda. Quanto trattato fin qui è il gesto definitivo dell’autore o una fase intermedia di elaborazione? Potrebbe essere stato ancora in divenire? Fenoglio potrebbe aver scritto l’opera in inglese e aver poi iniziato a riportarla in italiano? Lo stile si sarebbe trasformato? Queste contaminazioni, queste invenzioni letterarie, sarebbero sopravvissute a una eventuale revisione?
Con certezza non lo sapremo mai, ma avremo sempre il privilegio di poter disporre di quest’opera unica, capolavoro che racconta la guerra come non era mai stata raccontata.

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