“Shorts”, di Vitaliano Trevisan | Recensione

Shorts è una raccolta di brevissimi racconti, come da titolo, descrizioni di momenti rubati alle vite di personaggi disincantati e ignavi, spesso succubi di una vita che scorre, e a cui non si danno il disturbo di cambiare rotta.
La scrittura è di notevole qualità, lo stile lineare, scorrevole, con un periodare piuttosto ampio e interessanti esperimenti linguistici.

Tutti aspettavano solo me, il colpo di piatti finale, tutto dipende da me. Ma io non volevo che finisse tutto così, capisce, in modo così banale, la solita rullata, il solito colpo di piatti finale, no, mi dicevo, non può finire così. Farò la rullata, mi dicevo, e tra la rullata e il colpo di piatti ci metto una pausa che non se l’aspetta nessuno.

Alcuni racconti sono più felici di altri. A volte, terminato di leggerne uno, si rimane sospesi, confusi. Facile chiedersi dove l’autore voglia andare a parare. Spesso però, rileggendo lo stesso racconto una seconda volta, magari dopo un intervallo di sedimentazione, il significato intrinseco appare più chiaro, meno nascosto, e si apprezza fino in fondo.
Se dunque la lettura è semplice, come detto, lineare, facile da seguire, la ricezione del messaggio, del tema profondo del racconto, può non essere immediata, come risulta di conseguenza non immediato (e nemmeno scontato) l’apprezzamento del libro. Lettura che comunque consiglio.

Le tenebre si fecero più vicine. Il buio mi si faceva addosso. Lo sentivo entrare attraverso il naso, la bocca, gli occhi… Ma ecco, proprio quando pensavo di non avere più scampo, di essere diventato un’ombra, una gradazione di nero, un pezzo di tenebra, alzai gli occhi al cielo.
Stelle, pensai.

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