Uscito postumo nel 1963, “Una questione privata”, di Beppe Fenoglio, cela fra colpi di fucile, fango, pioggia incessante, e bruma “come un mare di latte”, una storia d’amore. La ricerca dell’amore, la verità del sentimento. La trama è molto semplice, può essere raccontata in una frase. Il partigiano badogliano Milton cerca di far luce sui veri sentimenti che nutre nei suoi confronti Fulvia, la ragazza di cui è da sempre innamorato, la quale però sembra avere una relazione con Giulio, il migliore amico di Milton, anche lui partigiano.
È il Fenoglio più limpido, più lineare. Più attento alla forma, alla scorrevolezza. All’effetto. Ma – e sia usata fra virgolette – l’interiezione “ahimè” è latente. Questo è il romanzo di Fenoglio meglio vestito, più curato sotto il profilo formale. Tuttavia i ripetuti rimaneggiamenti del testo (esistono tre manoscritti precedenti l’ultima versione) evidenziano sì la cura di Fenoglio e le sue capacità, ma – a furia di levigare – scoprono anche le linee che tengono in piedi il racconto, i meccanismi narrativi.
Un esempio è il brano dei fascisti che fucilano un ragazzino per rappresaglia, dopo l’assassinio di un soldato del duce da parte dei partigiani.
La storia è sin qui narrata in terza persona, con una focalizzazione interna, e questo brano non coinvolge Milton. Suona come un’aggiunta, come un qualcosa messo lì a stimolare gratuitamente l’emotività del lettore. Compreso il dettaglio della torta che la madre aveva preparato per lui, ma che il ragazzino non potrà mangiare… Troppo.
Anche le anticipazioni, le omissioni ecc. portano l’attenzione del lettore fuori dal racconto, la spostano sulla regia, sulla strumentazione con cui viene narrato. Il lettore attento è in grado di apprezzare le sfumature della storia, le sottigliezze della narrazione e la complessità della struttura, il modo in cui la storia è raccontata, e il modo in cui è modellata dalle scelte dell’autore (e dal narratore), ma potrebbe spingersi oltre, fino a riconoscere i meccanismi adottati al fine di creare una risposta emotiva o un senso di suspense e anticipazione. E quando l’architettura invisibile di un romanzo diventa visibile, per quanto siano buoni testo e qualità della prosa, il racconto ne risente. Si perde la sincerità in favore della maniera. Per questo non reputo “Una questione privata” il migliore esempio di Fenoglio.
L’indole sporca, rabbiosa e graffiante del Partigiano Johnny è molto lontana.
Ho letto questo libro molti anni fa e mi ricordo poco, ma ricordo che non lo trovai il capolavoro che si diceva che fosse; Il partigiano Johnny, indubbiamente più “sporco” e impegnativo, è tutt’altra cosa. Comunque su una cosa sono assolutamente d’accordo: nemmeno io apprezzo quando di un romanzo salta fuori con troppa evidenza il meccanismo.
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No, infatti. Quando il mestiere emerge più della sostanza si perde la sincerità, si sfocia nella maniera. E risulta tutto un po’ stopposo.
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Commento molto tecnico, non coglie la rivoluzione operata da Fenoglio come interpretazione della resistenza
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Gentile Franco, grazie per l’osservazione.
Tenga presente che questo è un sito che si occupa principalmente di scrittura e si rivolge soprattutto a chi vuole migliorare la propria. Anche le recensioni pertanto seguono questa impostazione, concentrandosi, nell’analisi di un testo, sugli aspetti legati alla scrittura (dispositivi narrativi, stile letterario, scelte operate dall’autore ecc.).
Ecco perché non ci si è soffermati sul valore politico dell’opera.
A mio personalissimo avviso, tuttavia, il racconto migliore che Fenoglio fa della resistenza non è in questo romanzo.
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